Ma quanti tipi di marketing esistono?

L’intera storia umana ha messo in luce quella che è una delle più sorprendenti capacità dell’uomo: la facoltà di dare nomi alle cose. Creare parole, accostarle fra loro, dare nuove definizioni: un potere che ci ha distinti dagli altri essere animali… ma che oggi rasenta quasi l’ossessione! Ad esempio, chi non si è mai chiesto “ma quanti tipi di marketing esistono?”.

Leggendo in rete, troviamo il social media marketing, il web marketing. Altre volte, ci siamo imbattuti nel buzz marketing, e chi ha studiato sa bene la differenza fra inbound e outbound marketing. Insomma, noi ci siamo posti questa domanda un po’ ironicamente, e con il sorriso sulla bocca abbiamo fatto una selezione, a tratti istruttiva (e a tratti decisamente no) delle voci che in rete accompagnano di frequente la parola marketing. Rigorosamente in ordine alfabetico!

Ambush Marketing

Con questa definizione, ci si riferisce a una pratica in realtà non molto corretta di marketing. Andiamo per gradi: immaginiamo un grande evento sportivo. Un brand, interessato a cogliere il potenziale dell’enorme visibilità, ne diventa sponsor ufficiale, magari unico, ottenendo tutti i diritti a comparire con il proprio marchio in qualsivoglia occasione. Ma ecco che un competitor, un avversario, trova il modo di raggirare il sistema, mettendosi fra i piedi in modo non convenzionale. Questa è una pratica ambush! Lo scopo è dare ovviamente visibilità al proprio brand… in un contesto in cui ciò non sarebbe dovuto avvenire.

Buzz Marketing

Una volta si chiamava passaparola, ma oggi, si sa, amiamo gli inglesismi. In realtà, in questo caso è più corretto parlare di onomatopea: il buzz è infatti il ronzio delle api, simile al brusio di voci delle persone coinvolte attorno a una conversazione calda su un determinato prodotto e servizio. In realtà questo vociare nasce il più delle volte spontaneamente. Altre volte, invece, è necessario il caro vecchio marketing che smuova un po’ le cose. Questo è il suo scopo: convogliare l’attenzione di un gruppo specifico di consumatori verso un particolare prodotto, per incoraggiarli a parlarne.

Street Marketing

è una forma di marketing che avviene principalmente per strada, sia essa di fianco a una piazza in città o nei centri commerciali. E no, se ve lo state chiedendo, le affissioni non rientrano propriamente in questa categoria. Lo Street Marketing è infatti una forma di quel marketing non convenzionale che abbiamo già citato. Dove sta l’innovatività? Negli strumenti che vengono utilizzati, ovvero il corpo, l’azione, la performance. In questo caso, si cerca di ingaggiare il pubblico attraverso il contatto diretto con uno o più performer, che attireranno l’attenzione ballando, cantando, recitando siparietti studiati ad hoc, candid camera. O ancora, lo Street Marketing può sconfinare nell’Ambient Marketing, con materiali pubblicitari dall’effetto wow sorprendente: cartelloni pubblicitari che si inseriscono nell’ambiente e vanno a colpire direttamente il target. Tra i casi più eclatanti, ricordiamo il Palazzo Ghiacciato di Milano magicamente comparso a Milano nel dicembre 2016.

Toilet Advertising

Ok, in questo non è direttamente interessata la parola marketing… ma ci sembrava troppo divertente per lasciarla da parte! In cosa consiste? Semplice: nell’installare all’interno di un bagno pubblico delle locandine con un messaggio pubblicitario. Ovviamente abbinato al contesto. Se guardiamo ai risultati, in realtà c’è ben poco da ridere. Questa tecnica, introdotta negli anni ‘90 negli USA, ha infatti una buona percentuale di successo. In fondo, i bagni sono divisi per sesso, il che permette un targeting molto accurato (diciamo centrato al 100%). Il contesto inoltre è così intimo e privo di distrazioni che diventa impossibile ignorare il messaggio. Se poi questo è ben posizionato (non diremo dove) il successo sembra davvero garantito!

Viral Marketing

Come per il Buzz Marketing, anche qui la parola chiave è il passaparola. Un passaparola che assume però proporzioni inaspettate, persino globali. Non un gruppo ristretto di consumatori, quindi, ma un pubblico plateale, enorme. Come un virus che si propaga, il messaggio raggiunge ogni angolo del globo, condiviso spontaneamente dallo stesso pubblico. Negli ultimi anni, la principale piattaforma virale è stata YouTube: molti video, la maggior parte delle volte demenziali, hanno generato una reazione a catena infinita, diventando popolari in breve tempo in tutto il pianeta. Ma creare un contenuto che diventi virale non è semplice. Innanzitutto, bisogna mascherare la natura artificiale, per lasciare spazio a contenuti più autentici e originali. Non uno spot, dunque, ma un contenuto più vero, senza loghi o marchi, che sappia emozionare o divertire.

Potremmo continuare all’infinito. Non abbiamo parlato, ad esempio, del Guerrilla Marketing, o del Content Marketing. Le declinazioni sono davvero infinite. E chissà, magari tra il momento della stesura dell’articolo e la sua pubblicazione, ne sarà nata un’altra. In tal caso, ci daremo il tempo di digerirla… e saremo qua a parlarne!

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